sabato 29 marzo 2008

Mi disse : un giorno parlerai di me

La divisione di terapia intensiva in cui lavoriamo è di nuova apertura , nonostante abbia da poco compiuto il suo primo compleanno , molte sono state le gratificazioni e i riconoscimenti avuti sia ufficialmente che , e sono molto più importanti , dai pazienti e parenti con cui siamo stati a stretto contatto . La maggior parte degl’infermieri che prestano servizio nel reparto hanno anni di esperienza nell’area critica e ognuno di noi ha portato il suo bagaglio di sapere e professionalità l nostro è un ambiente che gli altri operatori del settore definiscono un club , ma noi sappiamo che c’è una forte dose di invidia in questa definizione , e sappiamo anche che il personale tutto non è stato scelto , ne è stato attratto da incentivi economici , ma ha fatto richiesta per lavorarci.La nostra è una guardia attiva di 24 ore , è un lavoro gratificante anche se ci da gioie e dolori , qui ci si accorge di quando lavoriamo a stretto gomito con sorella morte , ecco noi lavoriamo a braccetto con questa signora che non fa distinzione di ceto sociale e nessun favoritismo e che è sempre presente nel momento in cui viene chiamata.
È proprio questa consapevolezza , che noi più di ogni operatore sanitario, ci rende un po’ speciali e ci permette di assistere i nostri pazienti con professionalità e umanità . assistendo l’ammalato in area critica conosciamo la sua storia clinica , familiare, ma in particolar modo la sua storia personale , e molte volte ci rendiamo conto di come la vita spesso e crudele e si accanisce su persone inconsapevoli innocenti .
Vorrei iniziare questa storia vissuta con un pensiero di Hermn Hesse ed una riflessione, per poi parlare di un’adolescente strappata alla vita prima di ogni tempo e che ha tracciato una scia tanto luminosa da lasciare segni profondi , anche in chi l’ha conosciuta soltanto attraverso le parole ed i ricordi. Herman Hesse diceva : Ogni uomo , fintanto che vive in qualche modo e adempie il volere della natura , è meraviglioso è degno di ogni attenzione , in ognuno lo spirito ha preso forma , in ognuno soffre il creato , in ognuno si crocifigge un redentore .
Chissà se col passare del tempo lo stato d’animo dell’uomo cambia se determinato dagli eventi ; bella riflessione se pensiamo che noi Operatori Sanitari impegnati nell’area d’urgenza siamo spesso a contatto con la sofferenza e la morte . immaginiamoci come saremo alla fine della nostra carriera lavorativa, tutto questo può essere inquietante eppure può insegnarci che esiste la certezza di non essere Santi , c’è anche l’altra di essere mortali , una certezza che procura sofferenza ma anche consolazione che deriva dal fatto di essere peccatori . Noi non saremo eternamente peccatori , la morte è il marchio più netto del nostro limite di essere finiti ; e nello stesso tempo è il segno del nostro continuo cercare di superare questo limite ,per una vita senza limite. Cercare nella sofferenza e nella morte il significato di questa vita . Qualcuno al di fuori del nostro ambito lavorativo potrebbe dire : “ bella questa professione “ ma a volte ritroviamo persi come su un isola deserta lontano da tutti e tutto senza trovare una via di salvezza . Fortunatamente nel nostro percorso lavorativo incontriamo persone che ci insegnano la via del ritorno d essere fieri
di essere stati d’aiuto nel breve percorso della loro vita .Tutto ciò porta la mia mente a pensare a Iolanda ; è sempre un’emozione forte ricordarla . Era il solito turno di servizio, quando il collega iniziò a darmi le consegne , mi girai attorno e vidi nel letto una ragazza giovane , gli chiesi chi era, e da che cosa era affetta ,e lui mi rispose che era stata ricoverata per insufficienza respiratoria dovuta ad una neoplasia del canale cervicale diagnosticata e operata d’urgenza già qualche mese prima. Mi avvicinai al suo letto chiedendole come si chiamasse e lei con la sofferenza scolpita sul viso mi rispose che il suo nome era Iolanda ; poi con cortesia mi pregò di andare nella sala famiglia e rassicurare i suoi genitori sul suo stato di salute in quanto si sentiva un po’ meglio del solito.Quando ritornai nella sua stanza,vidi che tra le mani stringeva un album di fotografie e chiedendole cosa fosse , lei mi rispose che quello rappresentava tutto il suo mondo perché erano le foto della sua famiglia,soprattutto della sua sorella più piccola a cui voleva tanto bene e poi anche di una sua cugina carina come lei ed io scherzando per farla un po’ sorridere, le chiesi quando fosse venuta a trovarla per poterla conoscere.Poi all’improvviso le cadde una foto dall’album ,che ritraeva lei qualche mese prima della malattia e lei mi spiegò con un sorriso velato da un leggero cenno di tristezza che in quella foto i suoi lineamenti erano ben diversi da quelli che vedeva quando si specchiava dopo la chemio e che spesso pensava che quasi non si riconosceva più con quella ragazza sfrontata e sorridente. Dal momento in cui iniziai a conoscere persone come Iolanda,tali da avere il dramma della sofferenza alle spalle e nello stesso momento la capacità di pensare agli altri,nonostante tutto, capii di dover accantonare i ruoli di infermiere e malato e di cercare di diventare un amico di tutti coloro che avevano bisogno di un qualsiasi aiuto fisico ma soprattutto morale sempre con una parola di conforto ove c’era bisogno.
Così da allora ,nei turni di pomeriggio, quando il lavoro di reparto era meno impegnativo ( e piùmi potevo dedicare al rapporto interpersonale con i vari pazienti, o perlomeno quelli che esprimevano il bisogno di una parola di conforto),con Iolanda facevo lunghe conversazioni e lei mi spiegava come amasse recitare , cantare ed interpretare soprattutto i brani di Mina e di Vecchioni . Amava molto,infatti , una canzone di quest’ultimo,perché le piaceva pensare che Quel cantautore avesse scritto quelle parole appositamente per lei : Lasciali dire che al mondo Quelli come te perderanno perché hai già vinto,lo giuro non ti possono fare più niente passa ogni tanto la mano su un viso di donna ,passaci le dita : nessun regno è più grande di questa piccola cosa che è la vita . E la vita è così forte che attraversa i muri per farsi vedere ; la vita è così vera che sembra impossibile doverla lasciare; la vita è così grande che “quando sarai sul punto di morire,pianterai un olivo ,convinto ancora di vederlo fiorire .
Una volta parlandole della mia passione di scrivere poesie lei mi guardò intensamente e mi disse che era sicura che un giorno avrei parlato di lei, e proprio adesso che la sto ricordando scrivendo queste poche righe per me è un ‘ emozione grande, perché l’ immortalità delle persone nasce proprio da ciò : ricordarle e parlarne sempre .
Quando fu trasferita dall’u.t.i.r. in reparto ,tutti noi operatori sanitari perdemmo qualcuno che dava in quel preciso momento della nostra vita un senso profondo alla nostra professione, assistere una persona che ti rendeva partecipe della sua vita ,delle sue sofferenze ,delle sue illusioni e della sua forza di accettare quella condizione di vita , a tal punto da rimproverare i genitori per aver chiamato i medici per rianimarla nel momento in cui lei serenamente aveva già lasciato quel filo invisibile che la teneva legata alla vita, insomma per tutti noi fu un grande esempio di umanità e di carattere. Quando fu poi , dopo un lunga degenza in ospedale ,trasferita a casa ,decisi insieme ad alcuni colleghi del mio turno di andare a farle visita ogni qualvolta i miei impegni lavorativi ed extra me lo permettevano , e così spesso lei felice ci mostrava tutte le sue foto prima della malattia ed il lavoro dello zio che affascinato dalla sua bellezza le regalò persino un book fotografico di cui lei andava molto fiera .In una di queste visite ,le disegnai sul braccio un fiore e lei mi chiese istintivamente se ero capace di disegnare il suo volto su un cartoncino, e prendendo una delle sue più belle foto pensò che così avrebbe lasciato ai suoi genitori un bel ricordo di lei ritratta nei suoi periodi felici e di me che le ero stato tanto amico.Subito pensai che per me era un lavoro troppo impegnativo ,quasi impossibile ma le risposi che comunque avrei cercato di fare del mio meglio.
Una volta però completato il disegno,la parte più difficile mi risultò la dedica da apporvi ,e dopo un’ attenta riflessione le scrissi : Ci sono persone che entrano nelle nostre vite e ne escono in fretta ; altre , restano per un po’, lasciando delle tracce del loro passaggio nel nostro cuore , e dopo noi non siamo più gli stessi .
Ed è vero , non siamo più gli stessi … Tutte queste esperienze che abbiamo incontrato ( e che purtroppo incontreremo in futuro )nel corso della nostra vita professionale e personale ci hanno lasciato un segno nel nostro cuore e ricordarla è per me il segno della vittoria della vita sulla morte e il nostro animo determinato dagli eventi nelcorso della nostra carriera lavorativa cambia davvero.Il mio più grande risentimento nella storia di Iolanda è non averla potuta salutare prima della sua morte per un fortuito e banale motivo . Infatti proprio mentre lei si stava spegnendo a casa sua , quella sera insieme ai miei colleghi avevamo deciso di andarle a fare una visita ,ma poiché dall'auto in movimento iniziò ad uscire del fumo dovemmo fermarci per accertarci del guasto che risultò essere la mancanza di acqua nel radiatore. Io ebbi la brillante idea di togliere il tappo dal radiatore ancora caldo e, svitandolo mi scottai facendolo cadere .Una volta rifornita pero l’auto dell’acqua ,non riuscimmo a trovare il tappo e per cercarlo perdemmo molto tempo, tanto da decidere di rimandare la visita al giorno dopo , vista l’ora tarda .Poi ,riflettendoci ancora un po’ la domanda che sfiora la mia mente ancora oggi ,e che è la stessa dei miei colleghi , è perché proprio quella sera fatidica non riuscimmo a poterla vedere , semplice casualità ,lei non voleva che noi la vedessimo soffrire nei suoi ultimi istanti, o forse ancora voleva che noi fossimo al suo funerale il giorno seguente ? Tutto ciò è nascosto ai nostri cuori e ai nostri sensi come quei misteri che solo l ‘ Essere Supremo che dimora su di noi potrà un giorno svelarci e spiegarci nella loro complicata semplicità.

3 commenti:

Domenico ha detto...

questo piccolo racconto , rappresenta un piccolo spazio di vita,che noi operatori professionali viviamo di continuo dedicandoci nell'assistere persone che in quel preciso momento hanno bisogno delle nostre cure ...avvolte sembra assurdo ma vi assicuro che forse nella maggior parte delle volte, propio noi abbiamo bisogno di loro , e vi assicuro ancora che molte volte propio loro ci inegnano il vero senso di questa vita ...
questa persona si chiamava Iolanda
propio lei mi disse: un giorno parlerai di me........

Domenico ha detto...

fiero di tutto ciò ho mantenuto la promessa.........

Anonimo ha detto...

non sono un operatore sanitario, ma so bene di cosa parlate..in un certo senso ho avuto levostre stesse esperienze, ma dalla parte di chi soffre in prima persona..anch io ho perso un fratello giovane, 23 anni e come iolanda anche lui è andato via pieno di forza, vita, sorrisi..nonostante la malattia lo aveva cambiato e reso più debole, riusciva a trasmettere a noi tutti una forza che solo dio adesso ci dona..sono angeli mandati quaggiù per cambiarci e renderci migliori. contnuate ad essere fieri del vostro lavoro..amate, amate e lasciatevi amare da queste persone, perchè vi doneranno solo cose belle.